Essere donna oggi

Due ragazze in vagone, due amiche. Pochi anni di differenza, un dialogo tra tanti.

– Hai già deciso che specialità prendere?
– Non ancora. Sto valutando. Ero attirata da Chirurgia muscolare. Ma quella parola… “Chirurgia”… mi blocca.
– Ti impressiona?
– No, figurati, dopo quattro anni di medicina… Non è quello. E’ che mio padre è chirurgo. Non avrei neanche fatto Medicina, se non avessi avuto la relativa tranquillità che ci sarebbe stato lui a darmi una mano dopo l’Università. Il fatto è che tramite lui vedo cos’è medicina per le sue colleghe donne.
– In che senso?
– Io voglio lavorare ma voglio anche dei figli, una famiglia. Non mi prendere in giro anche tu…
– No, no, capisco. Non ho questa smania di sposarmi, ma ho trent’anni e inizio a sentire che la finestra entro cui avere figli si fa via via più piccola. Ma che faccio? Anche finendo l’Università, o io o lui dobbiamo trovare lavoro. Io non voglio farmi mantenere dai miei. E non ho chi può darmi una spinta…
– Guarda, non so neanche più se mio padre può darmela questa spinta, se è per questo. Io le ho viste le sue colleghe, ti dicevo: una carriera stroncata perché sono rimaste incinte. Un odio da parte di superiori e colleghi, come se avere figli fosse un crimine. Per questo non voglio fare chirurgia…
– Perché pensi che dalle altre parti sia diverso?

Questa, cari posteri, era l’Italia nell’anno del Signore 2014.

5 pensieri su “Essere donna oggi

  1. ringrazio pendolante per la segnalazione. confermo, quello ospedaliero è l’ambiente in cui lavoro. per assurdo, in questo momento i 4 (prima della legge di stabilità di quest’anno 5) anni di specializzazione medica sono il “periodo-finestra” di maggior tutela contrattuale, prima di entrare nel magico mondo delle finte partite iva, in cui la maternità (e la paternità figuriamoci) è una malattia che è per altro sconveniente nominare.

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