Fausto e il Nulla

Il Nulla per prima cosa si prese il negozio di fumetti.
Scomparve dall’oggi al domani ma Fausto quasi non ci fece caso: non aveva mai amato quei bambinoni che lo frequentavano.

Poi fu la volta del ristorante all’angolo. Fausto ogni tanto ci andava a mangiare in pausa pranzo. Qui l’agonia fu più lenta: prima scomparvero i camerieri giovani, poi quelli anziani, finché un giorno rimasero semplicemente le serrande chiuse.

Quando arrivò il turno del negozio di vestiti, di fianco al suo ufficio, Fausto non poté più ignorare il problema. Era un negozio enorme, di una marca famosa. Ora, guardando gli interni dalle vetrine vuote, non restavano più neanche i muri divisori.

Fausto non era mai stato credente. Certo da piccolo aveva creduto anche lui in Babbo Natale e in un falegname vissuto duemila anni prima che parlava di pace e amore. Ma a dieci anni beccò suo padre mentre indossava di nascosto barba bianca e mantella rossa e allora smise di credere in chi dispensa regali gratis, compresi suo padre e il falegname.

Ma si può smettere di credere nel Bene, non nel Male, soprattutto quando il Male sta inghiottendo ciò che ti circonda. Soprattutto quando il Male si mangia anche il lavoro di tua moglie.

Dei negozi vicini al suo ufficio resisteva ancora solo un bar. Ed lì, durante il caffé mattutino, Fausto scoprì che c’era una nuova religione in città. E il bar, moderna catacomba, ospitava i suoi primi adepti clandestini.
Pù per curiosità che per convinzione, Fausto iniziò a spiare le loro preghiere e poi a parteciparvi sempre più attivamente. E gli sembrò che quella setta fosse l’unica che davvero combattesse il Nulla.

Quando il Nulla si prese anche il lavoro di Fausto, i credenti della nuova setta erano migliaia. E più aumentavano meno avevano paura. Prima iniziarono a pregare nel bar senza nascondersi. Poi fondarono la loro prima chiesa in città, negli spazi dove un tempo c’era il ristorante. Poi addirittura iniziarono a fare le pubblicità in televisione.

Conoscevo Fausto prima che tutto ciò avesse inizio. La sua casa era vicina alla stazione dei treni: facevamo lo stesso tragitto verso il lavoro e scambiavamo qualche chiacchiera di circostanza. Ora Fausto non lo riconosco quasi più. Parla solo del suo credo e neanche con entusiasmo ma quasi con rassegnazione, come se sapesse che anche esso non può nulla contro lo sfacelo in atto ma non volesse ammetterlo, perché comunque è bella l’illusione che Dio ti aiuterà e domani le cose andranno meglio.

Vorrei tornare a parlare con Fausto, aprirgli gli occhi, fargli capire che la sua religione è fumo negli occhi e che i capi della sua setta sono servi del Nulla e cavalieri dell’Apocalisse.

Ma lui non ascolta più. L’ultima volta che l’ho visto, stava entrando nella terza chiesa, dove prima c’era il negozio di vestiti. L’ultima immagine che ho di lui è un viso smorto, uno sguardo assente, un capo chino, mentre entra e percorre una via lastricata di buone intenzioni.

Quando scompare dalla mia vista, resto lì a fissare la porta della chiesa. Su di essa c’è affisso un cartello con una delle loro incomprensibili preghiere:

Aperti dalle ore 9 alle ore 4.
Vietato ai minori di anni 18.
VLT attivo. SLT attivo.
Se hai problemi con il gioco, c’è chi ti può aiutare.

3 pensieri su “Fausto e il Nulla

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