La sedia

Guardando il finestrino, ad un certo punto si scorge una sedia.

Si trova tra le erbacce, vicino ai binari, tra la stazione di Caserosse e quella di Villalba, un tratto in cui si costeggia una strada provinciale e tutto d’intorno non c’è alcun centro abitato: un vuoto cosmico abitato solo dalla nebbia e da poche altre forme di vita ugualmente concrete.
E da una sedia di plastica. Di quelle di scarso valore, che si trovano in tutti i giardini di tutte le case.

Chi mai l’ha buttata proprio lì? E perché?

Temo che nessuno potrà mai risolvere questo mistero. Ma nulla vieta di azzardare qualche ipotesi.

L’incidente

Sulla strada provinciale il furgone di una ditta di traslochi va a sbattere contro un’altra vettura o direttamente contro il guardrail: la nebbia fa spesso scherzi del genere.
Povero autista! E povera famiglia che non vedrà mai arrivare gli arredi della tanto agognata casa nuova.

Ipotesi romantica ma una cosa non quadra: dei resti di questo incidente, possibile che sia rimasta solo una sedia?

Il poltrone

Le poltrone del treno notoriamente non sono comodissime, così un passeggero ha pensato bene di portarsi la sedia da casa. Quando si è accorto di stare ancora più scomodo, oltretutto intralciando tutti, l’ha lanciata dal finestrino.

Ipotesi buffa ma non ho mai visto un finestrino abbastanza grande.

L’uomo che guardava i treni

Un pensionato ha nostalgia del suo lavoro e della passata vita pendolare, così ogni giorno sta lì seduto a vedere i treni passare e a rimembrare i tempi che furono. L’uomo è morto assiderato e la plastica è sopravvissuta ai suoi resti.

Ipotesi struggente ma intorno ci sono sempre state erbacce: a nessuno verrebbe in mente di sedersi proprio lì.

La bravata

La sedia è stata trasportata lì da alcuni ragazzi a piedi, così, senza motivo.

E’ l’ipotesi più assurda, quindi la più probabile: anni fa l’ho visto fare con i miei occhi. Un gruppo di ragazzi ubriachi nella serata della festa del patrono del mio paesino.

E loro trasportavano una panchina. Di ferro battuto.

 

Sono bene accette altre ipotesi…

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10 pensieri su “La sedia

  1. >e da poche altre forme di vita ugualmente concrete.

    “Tenetemi, sennò lo ammazzo!”
    “Daniele Silvestri, sta buono, è solo una citazione! Eddai, mica puoi fare sempre così ogni volta…”
    “Ma… io…lui…”
    “Niente storie. Vagli vicino e fate la pace. Poi bacialo”.

    Comunque, le cose stanno così. Quei ragazzi crescendo sono andati via dal paese, hanno trovato chi un lavoro, chi un’altro. Solo che il vizio di spostare sedie e collocarle è rimasto. Ogni sera uscivano assieme, come facevano al paese, ma non riuscivano a divertirsi perché non c’era né la Marina né l’English Bar, mancavano i punti cardinali. Hanno provato ad andare nei locali, conoscere gente… niente. Finché una sera che si prendevano a pugni per noia è saltata fuori la storia della festa e della panchina e gli sono venuti i lacrimoni. Per cui hanno deciso di rifare la cosa, stavolta provando con qualcosa di più piccolo di una panchina…una sedia. In fondo siamo pur sempre al Nord, crimini troppo eclatanti verrebbero notati dai solerti vigili di quartiere. Ora, uno di sti’ tizi come lavoro faceva lo spurgatore di pozzi per agricoltori. Solo che tipo una volta facendo lo spurgo della casa del signor Giovanni, quello che va sempre in Chiesa, non so se c’hai presente, un po’ piccolino, spalle larghe, un tatuaggio sul naso? Ecco, bravo: lui! Quello che distribuisce sempre il cesto delle offerte. No, non quello lì! Quello che va solo la Domenica, bravissimo. E niente, sto’ signor Giovanni c’aveva da spurgare sto’ pozzo, solo che il tizio quando è sceso c’ha trovato la salma di un noto conduttore televisivo. Non ti dico la sorpresa. Allora alle spalle gli è arrivato il contadino. “Per stavolta non ti ammazzo perché devo andare a messa. Facciamo finta che non hai visto niente. Ma se torni da queste parti e ti vedo in giro può essere che cambio idea”. Comunuque, sti’ tizi tutti contenti trasportano la sedia, solo che è buio, non si vede niente, si ritrovano nel terreno del contadino. Il solerte cane Loris vede lo straniero sconfinare, fiuta l’invasore e chiama il contadino, che accorre col suo ombrello a punta d’acciaio. Gli arriva alle spalle e li infilza tutti e tre come uno spiedo. Poi li seppellisce e già che c’è seppellisce pure il cane che ha visto tutto. Poi aspetta che arrivano i giornalisti della Vita in Diretta a chiedergli se lui, buon uomo, avesse visto tre scapestrati scomparsi che trasportavano una sedia. Solo che, siccome è contadino e la natura lo ha abituato troppo alle incongruenze, ha paura di farsi intervistare e farsi scappare particolari che non combaciano, facendosi arrestare. E allora per non confondersi prende la sedia, che gli è rimasta come cimelio del crimine, e la usa per segnare il terreno dove ha seppellito sti’ tizi.

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  2. Mio caro sbiadito commentatore del trasporto pubblico, mi scuserà se trovo la sua storia un po’ troppo cruenta e soprattutto priva di un qualsivoglia insegnamento per questi tempi confusi.

    Supportato dai miei severi studi teologici e dalle dottrine filosofiche e spiritualiste che studiavo invece per svagarmi nell’intervallo tra un esame e l’altro, posso invece dirle che per me la sedia è la metafora di Colui che tutti noi vede, come spettatore invisibile, di fronte al treno frenetico della vita che tutto fa passare. Perché è posta in un solo punto, se Colui che tutto vede è anche Colui che dappertutto è? E’ presto detto. Perché se sta seduto in un solo punto vedendo passare il treno della vita invece che viaggiando lui stesso, risparmia i soldi dell’abbonamento e dà all’uomo un centro di gravià permanente et inamovibile.

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  3. “Pronto? Sì, so’ io: Sabbrina Ferrilli, e sto’ sempre qui, da Poltrone e Sofa! Visto quanto so’ bbona, pure ora che so’ invecchiata? Anvedi che scollatura? Ah, sei ar telefono e nun la poi vedè? Vabbé emmagginatela, no? Tanto ce lo so che state sempre lì a farve le pippe.
    Comunque… che voi?
    Sì, la sedia. La sedia l’amo consegnata l’artro ieri.
    Come sarebbe a dire che nun è quella che avevi ordinato?
    AOH! Anfame! Bada a come parli sà? Che noi semo artigiani della qualità, nun commettemo errori. Quella hai scelto, quella t’amo portato, li mortacci tua! Stacce! Come sarebbe a dire che l’avevi scelta color caffé? Vabbé, senti. Nun rispondemo degli errori negli ordini, nun centramo niente, non lo so, chi te conosce? Mortacci tua! La sedia abbandonala in qualche fratta se nun te piace, tanto che me frega ammé, l’hai già pagata e controfirmata. Ciao core!!!”.

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