(Parentesi non pendolare)
Il respiro è diventato regolare: la belva si è addormentata. Ho qualche speranza di liberarmi dalla sua presa.
Devo muovermi con cautela: un piccolo gesto sbagliato e, anche qualora non dovesse svegliarsi, stringerà sicuramente la presa.
Non sarà facile: con due zampe tiene la parte superiore del mio corpo e con le altre due quella inferiore.
Inizio ruotandomi verso l’esterno: mi aiuterà a spostarmi dopo e se dovesse risvegliarla non sarà ancora un problema, visto che non ho ancora neanche tentato la fuga.
L’operazione riesce e ciò mi dà coraggio: dorme profondamente.
Con le mie gambe sposto lentamente le due zampe a cui sono attorcigliate. Mi muovo molto lentamente. Sono attimi interminabili. Trattengo il respiro.
Fatto: le gambe sono libere. Tocca alle braccia.
E’ la parte più delicata. La tensione mi sta facendo sudare freddo. Non ho nessuna seconda possibilità: non posso sbagliare nemmeno i movimenti più infinitesimali.
Sposto una zampa. Non c’è scrittura che possa descrivere quanto mi stia muovendo lentamente. La bestia respira ancora con regolarità, anche se la bocca mastica versi incomprensibili. Sono in pericolo: il sonno si è fatto più leggero.
Inizio lo spostamento dell’ultima zampa. Se riesce, sono libero. In lontananza abbaia un cane. Mi fermo immediatamente. Per fortuna il rumore imprevisto non ha avuto conseguenze. In modo sempre più delicato, appoggio la zampa: non ho più alcun contatto con la bestia.
Ma manca ancora un dettaglio: devo alzarmi e alzandomi potrei urtarla o sbattere contro qualsiasi imprevedibile ostacolo.
Decido di tentare il tutto per tutto: un solo movimento veloce così non devo più pensarci.
Ha funzionato! Sono in piedi, libero.
Con passo felpato mi avvicino all’uscita. Ormai assaporo la vittoria.
Quando sono quasi fuori, il contatto del piede con la terra fa scricchiolare un ignoto ossicino delle dita.
La bestia si sveglia.
Sono perduto.
– Dove vai, papà?
– Vado nel mio letto, amore. E’ tardi. Ho sonno.
– No, dai ti prego, resta ancora un po’ qui con me. Ti prego!
– … D’accordo. Solo altri cinque minuti. Ora però chiudi gli occhietti, torno lì da te.
Avrò gli incubi stanotte. Riaffiorano ricordi
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Come vorrei chiamarli anch’io “ricordi”…
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