Tra i pendolari della mia tratta c’è una parola che è sinonimo di morte e terrore: l’interramento.
Per mesi e mesi non se ne parla, si fa finta che non accadrà mai, al massimo si accenna appena, un po’ come si usa con il riscaldamento globale.
Poi iniziano ad avvicinarsi le elezioni comunali a Millemondi ed ecco che l’incubo riemerge in tutta la sua potenza orrorifica.
《Questa è la volta buona!》 titolano i giornali con entusiasmo. 《Stavolta si fa!》.
《Il tratto ferroviario che attraversa Millemondi verrà tutto interrato!》 spiegano i quotidiani in preda all’orgasmo.
E ogni volta tra i pendolari si scatena il panico.
Come raggiungerò il mio posto di lavoro?
Quante ore prima dovrò puntare la sveglia per poter arrivare in tempo in ufficio, considerando un trasbordo in autobus a metà strada?
Quanti anni dureranno i lavori? Tre? Cinque?
Inizio subito a cercare una nuova casa o aspetto ancora un po’?
È che noi pendolari siamo persone cattive.
《Verranno eliminati ben cinque passaggi a livelli, di cui uno vicino ad un ospedale》 ci spiegano i media, guardandoci un po’ con disapprovazione.
《Siete dei nimby bifolchi》 dicono i meno diplomatici.
Io non voglio essere cattivo, giuro, e bifolco vorrei esserlo giusto un po’. A me sta bene, per l’interesse pubblico avere la vita stuprata per tre anni (o cinque?).
Però fatemi un favore: non venite poi a parlare di mobilità sostenibile, di Greta Thunberg e di venerdì per salvare il pianeta.
Perché se interrano, così come sono i progetti a oggi, non si potrà mai più fare una seconda linea.
Vuol dire che la capacità attuale, quasi arrivata al suo limite, non potrà mai essere incrementata.
Vuol dire, per essere più chiari, che non c’è possibilità di nuovi pendolari in treno. Chi non ci sta, dovrà prendere l’auto per raggiungere Millemondi.
D’altra parte, vi hanno tolto cinque passaggi a livello: di che vi lamentate?
Ps: Poi magari non si farà niente neanche stavolta, però, come dicono a Millemondi, che du maròn.