Il treno delle scimmie

Inspiro, espiro.
Non mi viene naturale. Non lo faccio spesso. Non con questo scafandro addosso almeno.

Oltre gli occhiali, attraverso la coltre, intuisco un ambiente che un tempo mi era familiare. Le poltrone blu, i corridoi grigi, i display con la prossima fermata.

Però metà delle poltrone ha un divieto, il pavimento dei corridoi è tappezzato da un grottesco gioco dell’oca e i display indicano la fermata sbagliata. Se non altro la distrazione dei display non è una novità.

E poi c’è quella voce, atona, ripetitiva, martellante. Minaccia, in caso di violazione delle norme, l’intervento delle forze dell’ordine, l’interruzione del servizio alla prossima stazione utile e credo anche l’impiccagione in pubblica piazza. Ma quest’ultima forse me la sono sognata, vittima di un’overdose di Handmaid’s tale.

L’uscita dal treno non è più rassicurante: l’edificio quasi vuoto, l’ufficio con solo due colleghi, i calendari fermi a febbraio, quasi come l’orologio della stazione di Bologna.

Il primo giorno, per ora saltuario, di rientro a lavoro in fondo sarebbe potuto andare peggio. Questo penso, mentre cerco di camminare nonostante il mal di schiena, sotto una pioggia battente.

Photo by Peter Scherbatykh on Unsplash

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