Primi anni delle superiori. Quattro ragazzine, quasi donne.
Il loro gusto estetico sembra la precisa intenzione di seguire una serie di steriotipi: c’è la bionda riccia, maglioncino bianco e jeans, bellezza rovinata da occhiali nerd enormi; la mora, capelli lisci e lunghi, felpa e pantaloni dark; il suo negativo biondo e occhi azzurri, giacca rossa abbinata alle scarpe; e la castana di capelli e di occhi, felpa e vestiti comodi, per non percepire troppo un corpo sovrappeso.
Ridono e chiacchierano tanto. Della scorsa uscita serale, di quel famoso attore fighissimo, del gruppo rivelazione dell’ultimo talent. E, prossimi al proprio arrivo, del tema in classe del giorno prima, dal titolo impegnativo.
– Tu cosa hai scritto?
– Ho iniziato con le ultime notizie, per dare un quadro.
– Obiettori, associazioni per la vita?…
– Sì quella roba li…
– Ma poi? Opinioni?
– Beh, sai come la pensa la prof…
– Frega un cazzo. Io ho messo come la penso.
– Anch’io. Me la sono solo tenuta buona: ho iniziato premettendo che non è che puoi usarlo come contraccettivo…
– Vabbé che c’entra. Sono d’accordo anch’io. Mica come quella cogliona di Ilaria. “Ah, tanto se succede abortisco”. Non capisce mai un cazzo quella là.
– Oh sì, è vero. Però anch’io ho messo quello che penso.
– Ah, anch’io. Ché ci sono casi in cui non è così scontata la scelta. Uno stupro, un’incapacità di andare avanti…
– Sì ma non è neanche quello il punto. Io ho scritto anche che deve essere una scelta mia e di nessun altro.
– Sì ma lo sai come la pensa la prof…
– Frega un cazzo. Siamo ancora in un paese libero.
– Giusto.
– Giusto.
– Giusto.
Ed è questa convinzione comune l’ultimo frammento che ascolto, mentre il treno arriva alla fermata della loro scuola e lascia scendere queste quattro ragazzine.
Pardon, queste quattro donne.