Se dici n.

Sta lì, con i suoi sedici anni ed il suo sguardo triste: l’espressione di chi deve scontare un altro giorno o più banalmente di chi avrebbe voluto rimanere ancora un po’ sotto le coperte.

Aspetta un treno che tarda ad arrivare, metafora della sua adolescenza.

Non bella, eppure dolce. Forse per questo ogni tanto attira l’attenzione di qualche anziano signore. Non che lo voglia, anzi: cerca sempre di evitarlo e, quando fallisce, di chiudere le discussioni sul tempo e sulla gioventù il prima possibile.

Il treno poi per fortuna alla fine arriva sempre e le permette di mettere un paio di vagoni di distanza tra lei e questi viscidi signori. Di solito è lì che la incontro, mentre cerca di raggiungere i sedili più nascosti, per poi star da sola, con la sua faccia pulita e con in mano neanche uno smartphone, solo un giubbotto anonimo.

Oggi però incrocia un gruppo di conoscenti. Forse inizierebbe anche a chiacchierare con loro, magari addirittura a sorridere. Ma non ci sono posti liberi e decidere di fermarsi in piedi accanto sarebbe un atto di autodeterminazione troppo grande.

Mi alzo e le cedo il posto: lei di risposta spalanca gli occhi inorridita.

Forse perché qualcuno ha scoperto la sua esistenza.
Forse per la paura di dover affrontare relazioni sociali per l’intero viaggio.

O forse perché oggi per lei l’anziano sono io.
E gli anziani non cedono mai il posto alle giovani, non almeno in modo disinteressato.

2 pensieri su “Se dici n.

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