Ha capelli bianchi, una leggera obesità e una giacca color cammello. Non elegante ma neanche trasandato. Il classico signore distinto prossimo alla pensione.
Si siede di fronte ad una signora di età e stile comparabili ai suoi, che sta dialogando con una ragazza di una trentina d’anni più giovane.
Non le conosce ma questo non gli impedisce di inserirsi nel discorso.
“Questa crisi è un’invenzione. Il lavoro c’è, basta che i giovani ritrovino il coraggio di afferrare al volo i treni che passano.”
Io e la ragazza ci scambiamo una rapida occhiata carbonara: più o meno siamo coetanei e da almeno dieci anni ci sentiamo dare, dalla generazione che questa crisi l’ha creata, dei bamboccioni, dei choosy e dei nullafacenti (quest’ultima è quasi vera, anche se il tono con cui viene detta non è quello che vorremmo).
La ragazza si ribella, con garbo: “Io sono disoccupata da due anni e le posso assicurare che di treni ne ho inseguiti tanti in questo lasso di tempo.”
E qui avviene la metamorfosi: il distino signore prossimo alla pensione cambia pelle, diventa più gentile, più accomodante, più pericoloso. L’attacco ai giovani era solo un’esca.
“Allora, ragazza mia” le sussurra mellifluo Ilgattoelavolpe “me lo dimostri. Mi dimostri che è pronta ad afferrare i treni quando passano. Questo è il mio biglietto da visita. Faccio un lavoro che amo: mi occupo di risorse umane per un’azienda parafarmaceutica. Vendiamo prodotti ai medici. E cerchiamo persone di buona volontà che vogliono fare una facile carriera.” Piccola pausa, altro sorriso “Mi permetto di dare un biglietto anche alla signora: la sento spesso qui sul treno lamentarsi del suo lavoro attuale.”
Sia maledetta la mia penna, che non sa rendere il tono e i modi dell’uomo: sta mentendo, è evidente. Le sue parole narrano una carriera felice, il suo tono parla di stage non pagati, la sua fabula mostra rosei orizzonti, le sue mani nascondono corsi di formazione da pagare di tasca propria.
E’ evidente. Ma lo è solo per me, che ho un lavoro che amo.
Le due Risorse Umane, invece, afferrano i biglietti da visita con avidità.
“Potremmo fare un primo incontro martedì prossimo, se vi va. Purtroppo io alla prossima devo scendere. E’ stato un piacere. Mi raccomando. Afferrate questo treno. Buon viaggio!”
Anche a me sono capitati questi approfittatori. Maledetta me che non riesco a esprime il ribrezzo che mi suscitano e la pochezza umana che li contraddistingue.
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